lunedì 27 ottobre 2008

passo a due


esco di casa
e cammino
cammino
scegliendo una direzione qualsiasi...
inizio con l'idea dei soliti quattro passi
poi la tentazione di ripetere
ripetere
ripetere
ripetere
il ritmo, le distanze tra i passi...
mi incanto nell'attraversare
le periferie sconnesse
con i palazzi dall'intonaco sgarrupato
come belleville...
il centro con i giardini
e le persiane chiuse...
e quindi cammino...
cammino ancora
un evocare quell'orizzonte che si nasconde..
in fondo
ho sempre camminato in città,
sento che c'è come da bonificare un territorio,
ogni passo, un solco,
aro la terra mentre cammino
lascio le scie di polvere...
tempo fa avevo un ragazzo
e con lui tornavo a casa dall'università
km e km accompagnando il buio dell'autunno
che in cambio ci faceva strada
e camminavamo, le piazze, i viali
i sottopassi,
e questa città
nel suo stupido grigio
sorridendo
sembrava voltarsi indietro al nostro passaggio...
fino al momento in cui un bivio ci divideva
per quella notte e lui si imbucava nel sottopasso
della stazione di GrecoPirelli..
guardavo la nebbia che lo rincorreva
come lo strascico di un mantello lento...
amavo il nostro camminare
le parole che si costruivano nel silenzio...
adesso cammino senza più dover ricordare,
senza più contare...
misuro la città
dal tempo che impiego a ritornare a casa dal centro...
prima o poi finisco per cimentare
i miei amori nel cammino della città
li ingaggio nel tragitto che impiego però nel tornare al mio sentire...
è successo anche con quello straniero di qualche tempo fa,
mi piaceva il suo modo da intruso di rincorrere la mia città,
si insinuava nei ricordi appesi un pò in giro,
mi incuriosiva persino il suo modo stupido di trascurarmi...
mi ricordo che nel non permettersi di darmi la mano
mi prendeva per la collottola
per tutto il tragitto...
come con un gatto o con una ragazzina capricciosa...
un aggancio, dicevo, è meglio che niente,
tanto a far ciondolare le braccia c'è sempre tempo...
eh eh
un tempo, è vero, confondevo l'amore con il camminare
come se avessero un grado stretto di parentela
tipo madre e figlio
fratello e sorella...
adesso scelgo io di ingavagnarli insieme
come compagni di viaggio
degni uno dell'altra,
eppòi come dall'amore,
ho imparato a non aspettarmi nulla
dal camminare,
se non il camminare stesso...
la terra rotonda
mi affranca dall'ansia del per sempre,
rotonda lei, girotondo il suo vagare,
infatti penso alle orbite lunghe,
quelle siderali dei pianeti buiosi
che hanno stagioni lunghissime,
penso alle orbite sghembe che
seppur eccentriche quanto vuoi
prima o poi ti riportano indietro,
anche se non sei un pianeta,
a recuperare le tracce stellari
lasciate ad asciugare al buio dell'infinito...
e in fondo poi
mi accontento solo
di vedere con gli occhi a fessura
il crepitare delle foglie
il bordo dei marciapiedi
i tombini
i fiori che volano
le piume d'uccello
le carte da gioco
il pavè
le rotaie dei tram
le mattonelle lucide...
i piedi che sanno fare le radici
anche quando camminano...
eh eh

...e che volare è facile
ci vuol più fantasia per camminare...

(R.Vecchioni - Il lanciatore di coltelli)

2 commenti:

Caty ha detto...

..mentre parliamo al nostro animo,al nostro cuore ,al lento incedere delle stagioni ,agli eventi che ci accompagnano e a volte ci turbano , a volte ti riportano a giocare con la malinconia di quel che accade...

Lucignolo ha detto...

Ed oggi ti sento di averti capitoti !

Banalmente, se c'è amore, qualunque amore, un posto vale l'altro.

Ma il camminare la città sempre uguale ma diversa, da un senso di appartenenza e di conoscenza, come il ripercorrere sentieri desueti della nostra mente, scoprendo struggenti scorci della "nostra cittadinanza sommersa".

Scivola il passo della mia mente avanti al piede veloce che ignora qual sia il vero cammino.

Ok, non voliamo, passeggiamo...
ma un salto ogni tanto ?!

Un bel salto, a far finta di saper volare !

Continua a camminare, che vedrai, ci incontriamo ;)