martedì 8 dicembre 2009

il tuttoattaccato


ritorno, con la pioggia
sull'autostrada,
i vetri appannati rallentano le svolte,
a volte addirittura le fanno proprio saltare,
e le deviazioni che ti aspettano dopo,
girano in tondo per farti ritornare,
girano in tondo come i pensieri,
che sono solo appoggi, solo appoggi temporanei...
dicevo, torno in città dopo quei giorni
di domande, di neve bianca,
di odore di fiume,
di sassi che facevano le bolle da sotto,
insieme ai pesci blu come il vetro dell'acqua,
che di su conteneva i miei lenti passi sul ponte sassoso ad aspettare
il tramonto color caco...
uno dovrebbe proprio abituarsi al viaggiare,
a sdrotolarsi nel senso della vita,
nel senso anche come direzione,
abituarsi all'idea di sciogliersi nel...come dire....
nel qualcosa che c'è...che ci è...
adesso, per esempio, so che ho percorso
quei sentieri, quelle strade, solo perchè il viaggio
si è lasciato segnare dal tempo del tergicristalli,
e il contachilometri mi ha sollevato dall'usare le dita per contare,
ma la sensazione è più quella
che insieme al qui c'è quel sussurrare lento ed inesorabile del grande boh,
e più che lo spazio-tempo da gestire
io mi ritrovi inesorabilmente a balbettare
nelle dimensioni del tempo-spazio,
in un'inversione costante di esser-ci in qualcosa che non ha
contorni di parole, ma riempie il vuoto...
uno poi ne parla per affrancarsi subito dal:
siccome non lo detto vuol dire che non esiste,
infatti, infatti,
voglio che la parola faccia fiorire,
voglio nutrire di nuove consonanti e vocali
quel tempospazio, quel nuovo senso ripete ad alta voce il nome e
se mi accontento di affacciarmi ancora lì al bordo dell'inversione,
del ritorno, dell'oplà,
lo faccio perchè so che il bordo c'è,
ma c'è anche la garanzia del tuttoattaccato,
un tuttoattaccato, tra il qui e il là,
che risolve le questioni sospese,
e quegli amori che hanno i capelli annodati,
e quelle domande stropicciate che masticano male le risposte,
e tutte quelle distanze che illudono gli uni e gli altri,
nell'essere così uni e così altri,
s e n z a s o l u z i o n e d i c o n t i n u i t à
mi ripeto lenta, nel mio essere lumaca, con tanto di traccia a bava,
tanto per non smettere...

venerdì 4 dicembre 2009

l'uomo dei cachi che volano


cielo color caco
sulla mia strada
pure le stradine laterali
si riflettono nell'arancione...
pensieri arancioni
sogni arancioni
come quelli che facevo nella cameretta
della mia infanzia
di un arancione fortissimo
come se fossi cresciuta in mezzo
a un delirio di aranciata
e ancora mi ritrovo l'arancione nelle tasche
che richiama tutti i colori
da spalamare sulle facce
sulla pelle di camaleonte...
mi piacerebbe saper raccontare
una storia con un omino che per essere
decide di fare il venditore di cachi...
quelli morbidi di arancione scuro
quelli vaniglia arancione chiaro con i semi
lucidi e marroni
e quelli mela arancione a metà
tra lo scuro e il chiaro...
io un uomo dei cachi l'ho conosciuto
davvero, non li vendeva ma
ne parlava spesso
soprattutto quando si avvicinava l'autunno
rosso degli aceri accesi
soprattutto quando tornavo
dal luogo dei faggi dietro i cancelli dell'ospedale...
quasi all'ora del tramonto
come oggi con cielo stracciato di arancione..
e mi raccontava della struggente nostalgia
che i cachi gli portavano
ogni caco un pezzo di racconto
ogni racconto un caco che veniva con delicatezza mangiato...
nostralgia o malinconia non so,
per qualcosa di perduto e che non veniva mai in mente
ma aveva a che fare con il suo essere bambino di allora
dove era facile confondere
l'albero di natale con quello senza foglie
arancione dai cachi appesi,
un uomo insomma che annegava nella struggente
dolcezza del caco, nella sua morbida materia
per ritrovare quell'amore perduto
per quello che sciogliendosi
colmava tutta la poesia del cuore...
ah con questo cielo chissà se...

mercoledì 2 dicembre 2009

....in con su per tra fra......


lascio tracce
controllo tracce
e poi cancello
guardo la luna,
era ieri ma è anche oggi,
stretta nel cielo
mantiene il tondo
aperto dei miei occhi
seguo come un gatto con la mosca i miei pensieri
mi sento altrettanto pelosa ed arruffata quando sale il vento
mi dilato il solito espandersi
in realtà serve solo per il vento per respirare meglio...
non guardo lo specchio, ma lo so che mi sono trasformata,
dalle zampe con i cuscinetti rosa so che posso
aspettarmi salti mortali...
e allora di nuovo la mort, cioè l'ame hors
e l'anima chiamata viene fuori
al mio scoperto
al mio cospetto
e allora
schizzo via nei sogni e nelle veglie,
gli occhi chiusi,
rimango, seguo il calore
seguo quei contorni di pelle che mi servono per interagire
ancora un pò col mondo
e la luce che traspare ogni volta che mi ravvivo i capelli rouge
mi fa ricordo di un tempo che gira intorno
spaiato a volte dal presente...
parlo parlo e parlotto
mi serve un piccolo pulpito
almeno in uno spazio unico
per un pò certo nell'incerto
sosterebbe questo fiume e questa lava che scorre
lascio tracce lo so, ma non mi giro,
non serve me le ritrovo di fronte, sempre,
fresche come la saliva che ha inumidito le labbra
appena ho girato l'angolo e quel tram che non smette di passare...
ed io che non inizio mai a rincorrerlo...
quello le tracce ce l'ha dritte lucide e di metallo,
una sicurezza per quei pensieri che continuano a scorrere...
ma le stelle esistono veramente o sono i soliti buchi del cielo
o sono quello che rimane di una me del passato...
chi è passato?
ah niente di nessuno
niente per cui vantarsene
sono solo tracce
solo tracce di sole...
ho detto soooooooooooleeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee !!!